venerdì 22 marzo 2013

DONNE ARCHITETTO

COSTANTIN BRANCUSI - LA MUSE ENDORMIE  - 1910 PARIS

COSTANTIN BRANCUSI - LE NOUVEAU-NE'  - 1915 PARIS
 La forza di queste immagini tiene fermo e sostiene il pensiero che voglio esprimere sulla mia natura femminile piuttosto difficile da elaborare senza scivolare in facili eccessi e sbrigative sentenze sociali e politiche.

La musa dorme, non ha bisogno di aprire gli occhi per rimanere salda pur precariamente appoggiata, come lo siamo noi donne nella nostra realtà, ma quegli occhi chiusi mi tormentano e così mi spiego che per lo scultore poco aveva importanza quanto gli occhi potessero vedere e la stessa posizione della testa non eretta ma inclinata anzi abbandonata sul piano, la dice lunga sulla funzione  di questo femminile ispiratore mentre dorme.

 Poi guardo  il neonato con la bocca spalancata in un urlo di cui solo noi donne conosciamo la profondità e l'intensità che si ricollega  al nostro corpo e con cui ogni giorno dobbiamo confrontarci.

L'ho presa larga  per chiedervi  e chiederci com'è che, nella nostra società, non c'è un pensiero femminile autonomo ed indipendente sulla professione architetto? Ci sono bravssimi architetti donna, alcuni di notevole importanza nella storia dell'architettura, ma che ne è della massa di architetti donna?

Già è fastidioso questo titolo professionale che non ha la sua declinazione femminile, anche se personalmente mi diverte pregiarmi di un titolo maschile davanti al mio sdolcinato nome di fiorellino di campo.

Rimane però la mia amarezza di non aver mai visto lo sviluppo di un gruppo di "donne architetto" che avessero veramente voglia e coraggio di confrontarsi sulle diversità.

In una società in cui i "diversi" hanno il diritto di essere uguali, ho la senzazione che noi donne ci nascondiamo o vergogniamo di essere diverse, di avere una diversa organizzazione mentale, una diversa capacità di sintesi, una diversa educazione, una diversa realtà sociale, un diverso modo di fare architettura per una diversa percezione del corpo e dello spazio.

E' già difficile portare avanti battaglie sul riconoscimento dei nostri diritti di architetti, che dobbiamo proprio dimenticarci che spesso le prime a pagare    nelle difficoltà siamo noi donne?

Tralascio il riconoscimento di diritti, come quello della maternità che la mia generazione non ha conosciuto, perchè principalmente mi interessa sviluppare un dibattito da cui scaturisca l'esigenza di confrontarci sul diverso nostro modo di lavorare, sulle reali difficoltà, sull'incacità di sapersi associare, un dibattito che faccia emergere soluzioni e metodologie diverse da quelle conosciute, per portare avanti una politica professionale che attinga anche alla nostra femminilità.
arch. Margherita Prenleloup

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